Il cammino delle domus de janas verso il riconoscimento UNESCO

Il cammino delle domus de janas verso il riconoscimento UNESCO

L’incontro ha concluso la prima fase e avviato un processo di condivisione del piano di gestione per la candidatura a sito UNESCO del patrimonio preistorico della Sardegna. Un progetto a cui abbiamo lavorato con grande passione, insieme al CeSim Centro studi “Identità e Memoria” e alla rete dei 24 Comuni delle domus de janas, o case delle fate: tombe preistoriche scavate nella roccia tipiche della Sardegna prenuragica e dislocate in tutto il territorio, con una particolare incidenza nella parte centro settentrionale dell’isola.

La progettazione di un piano di gestione per un sito candidato all’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO richiede innanzitutto l’identificazione dei valori e delle caratteristiche specifiche del patrimonio culturale. Patrimonio inteso non come un’entità isolata, ma come parte integrante di un contesto territoriale che deve essere esaminato su diverse scale e da prospettive culturali, economiche, sociali e ambientali.

Il piano – concepito come uno strumento specifico di un dossier di candidatura più ampio – è essenziale per riconoscere i valori fondamentali che definiscono il territorio come portatore di significato, identificando e specificando tali valori in termini di eccezionale valore universale.

Sebbene il piano di gestione abbia l’obiettivo principale di preservare il sito per le generazioni future, deve anche definire benefici per le comunità locali e generare impatti positivi su vari livelli (culturale, turistico, economico, sociale) nel rispetto e nella tutela del territorio nel suo insieme.

L’isola regina del Mediterraneo, crocevia di scambi e culture da millenni, registra ad oggi il riconoscimento del valore universale di alcuni beni materiali: Su Nuraxi di Barumini dal 1997, uno dei più importanti siti archeologici della Sardegna che testimonia alcune evidenze della civiltà nuragica (1500-500 a.C.). Tra i beni immateriali patrimonio UNESCO, il Canto a tenore (2008), forma di canto polifonico eseguita da un gruppo di quattro uomini con quattro voci differenti chiamate bassu, contra, boche e mesu boche; Li Candareri di Sassari – Macchine a spalla (2013), festa religiosa che si svolge il giorno prima di Ferragosto e che ha origini nel tardo Medioevo per onorare un voto fatto alla Madonna Assunta che avrebbe salvato la città dalla peste nel 1652. Ancora i Muretti a secco (2018), tipiche recinzioni in pietra edificate senza l’uso di leganti, testimonianza della storia dell’isola, discendendo dall’Editto delle chiudende del 1823 che autorizzava a “chiudere” terreni, fino ad allora considerati di proprietà collettiva e coltivati da privatiDal 2017 fa parte del Patrimonio mondiale Unesco, inoltre, anche la Riserva della Biosfera Tepilora, Rio Posada e Montalbo, nel nord-ovest della Sardegna: una delle zone più floride dell’isola, ricoperta boschi fittissimi e diversi corsi d’acqua.

Solo nel 2025 sapremo se anche il patrimonio preistorico sardo entrerà nella rosa dei siti UNESCO, per ora la strada è ancora lunga: a giugno una delegazione dell’agenzia specializzata volerà nell’isola per verificare le condizioni dei beni e valutare l’effettiva rispondenza del piano.


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